Content on this page requires a newer version of Adobe Flash Player.

Get Adobe Flash player

 


Ad oggi, tra le varie attività professionali, quella di consulente del lavoro diventa sempre più centrale nell’assistenza alle imprese e, in generale, assurge a ruolo sociale di rango quasi istituzionale.
L’esercizio d’impresa, a prescindere dalle sue dimensioni e dal suo grado di automatizzazione, rappresenta la colonna portante dell’economia e della società, dalla più semplice alla più complessa. L’impresa è la sede di produzione di beni e servizi di cui ogni individuo usufruisce nella propria vita quotidiana e diventa, per ciò stesso, il motore degli scambi. Da essa si crea una fittissima rete di rapporti sociali, economici, finanziari, politici.
“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, come dispone l’articolo 41 della Costituzione (1948).
Chiaramente nell’esercizio d’impresa, accanto al capitale rappresentato dai beni mobili ed immobili strumentali all’attività da svolgere, è il capitale umano ad avere la meglio su tutti.
Qualsiasi cosa facciamo, possiamo realizzarla solo grazie alle persone. Le persone sviluppano la tecnologia ed apportano miglioramenti alla stessa adattandola alle reali esigenze umane.
La locuzione capitale umano è stata coniata da Theodore Schultz (USA, Arlington 1902 – 1998), economista, vincitore del Premio Nobel nel 1979.
Al giorno d'oggi, in ambito aziendale, il capitale umano è la risultante di più fattori:

• caratteristiche individuali apportate dalla persona nel proprio lavoro: intelligenza, energia, attitudine positiva, affidabilità, impegno.
• propria capacità di imparare: prontezza, immaginazione, creatività e ciò che viene solitamente definito "street smarts", senso pratico (ossia la capacità di realizzare le cose).
• propria motivazione nel condividere le informazioni e le cognizioni: vale a dire spirito di squadra e orientamento verso gli obiettivi.

Le persone sono, nel contesto aziendale, l'unico elemento avente l'intrinseco potere di generare valore. Tutte le altre variabili - cassa e crediti, materiali, impianti ed attrezzature, fonti di energia - altro non offrono che potenziali inerti. Per loro natura non aggiungono nulla, e non possono aggiungere nulla, a meno che un essere umano (sia l'operaio di livello più basso, sia il professionista più ingegnoso o un massimo dirigente) liberi quel potenziale e lo metta in azione.

In questo contesto il consulente del lavoro diventa lo strumento di composizione di quell’ancestrale e innato conflitto tra l’interesse dell’impresa e l’interesse dei lavoratori in essa.
Oggi si assiste, di continuo, a stravolgimenti normativi in materia di lavoro e previdenza; di fronte alla giungla dei contratti introdotti dal d.lgs. n. 276/2003 (Legge Biagi), le imprese si sono trovate fortemente impreparate sia di fronte agli strumenti contrattuali da utilizzare nella gestione del personale sia di fronte alle sanzioni e conseguenze derivanti da eventuali violazioni di legge.
L’ultimo intervento normativo comporterà ulteriori importanti cambiamenti in materia (Riforma Fornero, 2012).

Il buon consulente del lavoro, operando allora con la massima cautela e diligenza, è colui in grado di informare, con massima trasparenza e legalità, i propri clienti su tutti gli istituti attinenti al rapporto di lavoro, trasmettendo l’idea che un’attività lavorativa eticamente valutabile è ancora possibile: nonostante la diffusa illegalità e lo spietato desiderio di profitto delle imprese, il vero consulente del lavoro deve sapere bilanciare i principi di efficacia ed efficienza della gestione aziendale con i principi di protezione e tutela dei lavoratori e dei collaboratori.
Questo è il nostro codice etico!